Pompei: l’eruzione del Vesuvio

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Pompeje

Su Pompei si è scritto tanto. Questa piccola città fu ricoperta da uno strato di ceneri vulcaniche e investita dalle colate piroclastiche alte più di 6 metri nel 79 d.C. La stessa fine spettò a Oplonti e Stabia. Ercolano invece venne investita dalle colate piroclastiche di oltre 100 km/h. La gente morì nella terribile sofferenza, colpita dalle caldissime masse d’aria raggiungenti la temperatura di 500°C a Ercolano e 300°C a Pompei. Questa differenza fece si cambiare le condizioni nelle quali si mantenerono i corpi. A Pompei gli archeologi li trovarono carbonizzati, mentre a Ercolano rimasero solo gli scheletri con i crani spaccati dalla botta di calore. Paradossalmente la furia distruttiva permise di conservare le testimonianze dei tempi remoti come da nessun’altra parte e rese più semplici le ricerche sulla quotidianità degli antichi romani.

In tutto l’Impero Romano si seppe che l’Etna possedeva il cratere attivo. La gente credette che dentro visse un dio chiamato Vulcano il quale preparò i fulmini per Giove e le frecce per Minerva e Marte. Una volta all’anno – 23 agosto – si celebrarono presso il Campo Marzio le Volcanalia. Durante le festività si usò gettare nel fuoco i pesci e altri animali con lo scopo di ricevere in cambio la giusta forza per vincere le fiamme. All’epoca nessuno pensò che nella Penisola Appenninica esistesse un secondo vulcano attivo. Alle pendici del Vesuvio i contadini coltivarono la terra e il monte fu ricoperto da una vegetazione rigogliosa. A partire dal 20 agosto del 79 d. C. gli abitanti del golfo di Napoli sentirono delle scosse di terremoto e notarono che si prosciugarono le fonti d’acqua sorgiva. Tuttavia, nessuno pensò che il vulcano addormentato da millenni stesse per svegliarsi.

Le vicende di quei giorni vennero descritte nelle due lettere di Plinio il Giovane, nipote dello storico e scrittore romano Plinio il Vecchio, che spinto dalla curiosità di vedere un rarissimo evento naturale e dalla volontà di soccorrere le vittime del cataclisma, morì soffocato dai vapori di zolfo e altri gas nei pressi di Stabia. Sotto potete leggere una delle sue lettere:

Dopo la partenza di mio zio, spesi tutto il tempo che mi rimaneva nello studio, dato che era stato proprio questo il motivo per cui mi ero fermato; poi il bagno, la cena ed un sonno agitato e breve. Si erano già avuti per molti giorni dei leggeri terremoti, ma non avevano prodotto molto spavento, essendo un fenomeno ordinario in Campania, quella notte invece le scosse assunsero una tale veemenza che tutto sembrava non muoversi, ma capovolgersi.

Mia madre si precipita nella mia stanza: io stavo alzandomi con il proposito di svegliarla alla mia volta nell’eventualità che dormisse. Ci mettemmo a sedere nel cortile della nostra abitazione: esso con la sua modesta estensione separava il caseggiato dal mare. A questo punto non saprei dire se si trattasse di forza d’animo o di incoscienza (non avevo ancora compiuto diciotto anni!): domando un libro di Tito Livio e, come se non mi premesse altro che di occupare il tempo, mi dò a leggerlo ed a continuare gli estratti che avevo incominciati.
Ed ecco sopraggiungere un amico di mio zio, che era da poco arrivato dalla Spagna per incontrarsi con lui; quando vede che io e mia madre ce ne stiamo seduti e che io attendo niente meno che a leggere, fa un’energica paternale a mia madre per la mia inettitudine e a me per la mia noncuranza. Con tutto ciò io continuo a concentrarmi nel mio libro come prima.

Il sole era già sorto da un’ora e la luce era ancora incerta e come smorta. Siccome le costruzioni che ci stavano all’intorno erano ormai malconce, anche se eravamo in un luogo scoperto -che era però angusto- c’era da temere che, qualora crollassero, ci portassero delle conseguenze gravi e ineluttabili. Soltanto allora ci parve opportuno di uscire dalla cittadina; ci viene dietro una folla sbalordita, la quale -seguendo quella contraffazione dell’avvedutezza che è tipica dello spavento- preferisce l’opinione altrui alla propria e con la sua enorme ressa ci incalza e ci spinge mentre ci allontaniamo.
Una volta fuori dell’abitato ci fermiamo. Là diventiamo spettatori di molti fatti sbalorditivi, ci colpiscono molti particolari che incutono terrore. Così i carri che avevamo fatto venire innanzi, sebbene la superficie fosse assolutamente livellata, sbandavano nelle più diverse direzioni e non rimanevano fermi al loro posto neppure se venivano bloccati con pietre. Inoltre vedevamo il mare che si riassorbiva in se stesso e che sembrava quasi fatto arretrare dalle vibrazioni telluriche. Senza dubbio il litorale si era avanzato e teneva prigionieri nelle sue sabbie asciutte una quantità di animali marini. Dall’altra parte una nube nera e terrificante, lacerata da lampeggianti soffi di fuoco che si esplicavano in linee sinuose e spezzate, si squarciava emettendo delle fiamme dalla forma allungata: avevano l’aspetto dei fulmini ma ne erano più grandi.

A questo punto si rifà avanti l’amico spagnolo e ci incalza con un tono più inquieto e più stringente: „Se tuo fratello, se tuo zio vive, vi vuole incolumi, se è morto, ha voluto che voi gli sopravviveste. Perciò perché indugiate a mettervi in salvo?”. Gli rispondiamo che noi non avremmo mai accettato di provvedere alla nostra salvezza finché non avevamo nessuna notizia della sua. Egli non perde tempo, ma si getta in avanti correndo a più non posso si porta fuori dal pericolo. Poco dopo quella nube calò sulla terra e ricoperse il mare: aveva già avvolto e nascosto Capri ed aveva già portato via ai nostri sguardi il promontorio di Miseno. Allora mia madre a scongiurarmi, ad invitarmi, ad ordinarmi di fuggire in qualsiasi maniera; diceva che io, ancora giovane, ci potevo riuscire, che essa invece, pesante per l’età e per la corporatura avrebbe fatto una bella morte se non fosse stata causa della mia. Io però risposi che non mi sarei salvato senza di lei; poi presala per mano, la costringo ad accelerare il passo. Mi ubbidisce a malavoglia e si accusa di rallentare la mia marcia. Incomincia a cadere cenere, ma è ancora rara. Mi volgo indietro: una fitta oscurità ci incombeva alle spalle e, riversandosi sulla terra, ci veniva dietro come un torrente.
– „Deviamo, le dico, finchè ci vediamo ancora, per evitare di essere fatti cadere sulla strada dalla calca che ci accompagna e calpestati nel buio”.
Avevamo fatto appena a tempo a sederci quando si fece notte, non però come quando non c’è luna o il cielo è ricoperto da nubi, ma come a luce spenta in ambienti chiusi. Avresti potuto sentire i cupi pianti disperati delle donne, le invocazioni dei bambini, le urla degli uomini: alcuni con le grida cercavano di richiamare ed alle grida cercavano di rintracciare i genitori altri i figli, altri i coniugi rispettivi; gli uni lamentavano le loro sventure, gli altri quelle dei loro cari taluni per paura della morte, si auguravano la morte, molti innalzavano le mani agli dei, nella maggioranza si formava però la convinzione che ormai gli dei non esistessero più e che quella notte sarebbe stata eterna e l’ultima del mondo. Ci furono di quelli che resero più gravosi i pericoli effettivi con notizie spaventose che erano inventate e false. Arrivavano di quelli i quali riferivano che a Miseno la tale costruzione era crollata, che la tal altra era divorata dall’incendio: non era vero ma la gente ci credeva. Ci fu una tenue schiarita, ma ci sembrava che non fosse la luce del giorno ma un preannuncio dell’avvicinarsi del fuoco. Il fuoco c’era davvero, ma si fermò piuttosto lontano; poi di nuovo il buio e di nuovo cenere densa e pesante. Tratto tratto ci alzavamo in piedi e ce la scuotevamo di dosso; altrimenti ne saremmo stati coperti e saremmo anche rimasti schiacciati sotto il suo peso. Potrei vantarmi che, circondato da così gravi pericoli, non mi sono lasciato sfuggire nè un gemito nè una parola meno che coraggiosa, se non fossi stato convinto che io soccombevo con l’universo e l’universo con me: conforto disperato, è vero, ma pure grande nella mia qualità di essere soggetto alla morte.

Finalmente quella oscurità si attenuò e parve dissiparsi in fumo o in vapori, ben presto sottentrò il giorno genuino e risplendette anche il sole, ma livido, come suole apparire durante le eclissi. Agli occhi ancora smarriti tutte le cose si presentavano con forme nuove, coperte di una spessa coltre di cenere come se fosse stata neve. Ritornati a Miseno, e preso quel po’ di ristoro che ci fu possibile, passammo tra alternative di speranza e di timore una notte ansiosa ed incerta. Era però il timore a prevalere; infatti le scosse telluriche continuavano ed un buon numero di individui, alienati, dileggiavano con spaventevoli profezie le disgrazie loro ed altrui. Noi però, quantunque avessimo provato personalmente il pericolo e ce ne aspettassimo ancora, non venimmo nemmeno allora alla determinazione di andarcene prima di ricevere notizie dello zio […].

Frammento della seconda lettera di Plinio il Giovane a Tacito, traduzione a cura di Soprintendenza di Pompei.

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POMPEI – CONSIGLI UTILI:

Come arrivare?

In macchina: Autostrada A3 (Napoli-Salerno) – uscita Pompei Scavi

In treno: Da Napoli (Napoli Garibaldi) raggiungerete Pompei in treno suburbano Circumvesuviana (stazione Pompei Scavi). Altri collegamenti potete consultare qui: www.trenitalia.com

Orari:

1.04 – 31.10 dalle 9:00 alle 19:30 (ultimo ingresso alle 18:00)

1.11 – 31.03 dalle 9:00 alle 17:00 (ultimo ingresso 15:30)

Giornate di chiusura: 1.01., 1.05. i 25.12-

Biglietti:

13 € intero7,5 € ridotto, di durata di 1 giorno

oppure

22 € intero i 12 € ridotto, di durata di 3 giorni, consente visitare Pompei, Ercolano, Oplonti, Stabia* e Boscoreale

(*) L’ingresso alle Ville di Stabia è libero

Ogni prima domenica del mese l’ingresso agli scavi, così come nei tutti monumenti gestiti dal MiBACT è gratuito. Le casse e le porte d’ingresso rimangono chiuse tra le 12:30 e 14:30

Info: www.pompeiisites.org (da qui potete scaricare tra l’altro le piante ufficiali dei siti archeologici)

Cosa portare?

La zona archeologica non è per niente piccola. Sarà opportuno munirsi di un paio di scarpe comode e una bottiglia d’acqua(in città si trovano alcune fontane con acqua potabile). Occorre portarsi dei panini o qualche altro snack, eventualmente potete contare su Autogrill ubicato dietro il Foro. Vi sconsiglio vivamente di visitare Pompei durante le calde giornate estive. Portate qualcosa per coprire la testa dal solela crema solare e un’ombrellino e k-way per proteggersi dalla eventuale pioggia. Vi sarà di enorme aiuto qualche pubblicazione o guida dedicata alla città antica.

A Pompei vengono condotti numerosi lavori di scavo e di restauro. Tenete presente che non tutte le rovine segnalate sulla cartina ufficiale della città possono essere accessibili e che in cambio forse riuscirete a visitare qualche monumento aperto al pubblico solo temporaneamente.

Ania

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