Nell’ultima parte dell’intervista Emilio ci avvicinerà al mondo del vino italiano. Scopriremo dove cercare i vini migliori, se è facile acquistare i vini italiani nel mondo e quale sarà il vino ideale per accompagnare i piatti polacchi più diffusi. Cominciamo però dal dizionario di un enologo.
Il dizionario del vino:
9. Cinque vocaboli per eccellenza?
L’enologia e la sommelierie hanno dei termini tipici che vengono utilizzati più o meno comunemente, difficile dire quali siano i più famosi e i più usati in quanto per un sommelier tutti i termini sono importanti, ma in ogni caso cercherò di indicarne i più significativi soprattutto nell’ambito della degustazione sensoriale.
Ritornando quindi a quanto abbiamo detto precedentemente, la degustazione sensoriale coinvolge tre sensi, vista, olfatto e gusto, vediamo quali sono i termini più utilizzati per le tre fasi della degustazione. Nella parte visiva si parla di unghia del vino, che sarebbe il contorno del vino all’interno del bicchiere quando lo si piega in avanti per vedere il colore. Abbiamo poi le lacrime, che sono le gocce di glicerina che rimangono nel bicchiere dopo che quest’ultimo viene girato per vederne la viscosità. Il perlage, quando vediamo le bollicine degli spumanti. Quando invece andremo a fare la prova olfattiva troveremo tantissimi termini particolari, come etereo, (un vino molto alcoolico), troveremo un bouquet di profumi (l’insieme dei profumi) il sentore di Goudron (quando il vino ha una forte mineralità che ricorda il sentore dell’asfalto) il sentore animale(quando il vino ricorda un sentore di pelliccia). Una importante terminologia si ha anche nella fase del gusto, il vino, può essere abboccato, acerbo, amabile, austero, fresco, ma sicuramente per apprendere tutta la terminologia del vino ritengo sia necessario fare se non un corso professionale da sommelier almeno dei corsi di degustazione.
Vini italiani:
- Mezzanotte e mezzogiorno. Chi ha più carattere?
Mezzanotte o mezzogiorno, chi ha più carattere? Io sinceramente direi entrambi in quanto mentre prima si tendeva a valorizzare sempre di più i vini dalla Toscana in su, oggi possiamo dire con tutta tranquillità che i vini meridionali hanno assunto sempre più carattere e importanza. Inutile parlare dei famigerati vini toscani o piemontesi, già li abbiamo citati tante volte e ormai sono di così grande fama che li ha portati a farli conoscere in tutto il mondo, quello di cui vorrei parlare e l’esplosione dei vini meridionali.
La Sicilia in questi ultimi anni ha avuto grandissime produzioni, soprattutto con gli splendidi vini etnei, ricchi di potenza e mineralità, nel degustarli si può realmente sentire tutto il vigore del Vulcano. La Puglia con il suo Negramaro e soprattutto con il Primitivo di Manduria, che negli ultimi tre anni grazie alla versione “Es” di Gianfranco Fino ha ottenuto il massimo punteggio in tutte le guide specializzate, ottenendo le stesse valutazioni del Sassicaia o del Barolo Monfortino. Una menzione va anche fatta alla Calabria, la vecchia Enotria greca e romana (terra del vino). I livelli di qualità del Gaglioppo e del Greco, vitigni locali hanno raggiunto valori eccelsi, grazie soprattutto ad aziende come Senatore e Librandi. E la Campania, con il suo Aglianico del Vulture (in condivisione con la Basilicata) e i suoi grandi bianchi della provincia di Avellino (Greco di Tufo e Falanghina). Dunque oggi possiamo dire che l’Italia è coperta da nord a sud con vini d’eccellenza dai sapori decisi e unici.
- Vini italiani nel mondo. Si può fare di più?
Il grande ambasciatore italiano nel mondo è sicuramente il vino, ovunque, in qualsiasi dei 5 continenti il vino italiano è conosciutissimo ed apprezzatissimo. L’Italia è il secondo esportatore in termini di quantità e di qualità del mondo subito dopo la Francia, che occupa il primo posto anche perchè buona parte della sua esportazione è caratterizzata dall champagne.
I volumi di esportazione dell’Italia si attestano sopra i 20 milioni di ettolitri e con introiti che superano i 5 miliardi di euro. Nell’arco dell’anno scorso il vino si è confermato come il primo comparto dell’agroalimentare della nazione per l’export.
L’ingresso ufficiale del vino italiano sui mercati di tutto il mondo – intendendo sia quelli maturi che quelli in via di sviluppo – risale più o meno all’inizio dell’ultimo decennio del secolo scorso, quando si diede il via ad un’espansione organizzata. Naturalmente l’Europa è stato il primo target delle esportazioni enologiche italiane: la Germania, seguita a ruota da Gran Bretagna e Svizzera, è stato il primo mercato estero per il vino italiano ad avere un effetto ‘trascinante’. Negli ultimi vent’anni, con il progressivo consolidarsi della percezione dell’Italia come grande produttore, attratti anche dalla grande varietà dei vini italiani, Norvegia, Danimarca, Svezia, Olanda, Belgio, Repubblica Ceca e Polonia hanno imparato ad apprezzare i nostri prodotti contendendosi quote sempre più consistenti. In Francia e Spagna, come si può facilmente intuire, le importazioni di vino italiano sono certamente minori in termini quantitativi rispetto a quanto avviene nelle nazioni sopra citate ma è significativo che vi si prediligano alcune tra le nostre più rinomate etichette. Anche la Russia sta diventando una realtà di riferimento per il vino di qualità: lo stesso si può dire per altri Paesi emergenti che, grazie all’aumentata capacità di spesa degli ultimi anni, stanno puntando sempre di più sulla qualità del made in Italy.
Al di fuori dell’Europa, il mercato più ricettivo attualmente è senza dubbio costituito dagli Stati Uniti, capaci di accogliere anche denominazioni meno famose. Il Giappone invece merita un discorso a parte: accanto a un gradimento costante negli anni dei vini nostrani, manifestato qui prima che in altri Paesi asiatici, si segnalano numerosi privati in possesso di collezioni di enorme valore nelle quali occupano un posto di tutto rispetto anche i vini più prestigiosi del nostro panorama nazionale.
Tra le altre aree geografiche di interesse crescente per l’export italiano vi sono anche il Canada – grande successo hanno riscosso i veneti Ripasso e Amarone – e il Brasile, con la città di San Paolo in testa per i consumi. Altri sbocchi minori ma di sicuro impatto in termini di visibilità sono costituiti da Cina, Australia, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Singapore, Thailandia e Dubai.
Ricapitolando, nonostante il commercio del vino italiano sia un fenomeno relativamente recente, oggi l’Italia è già in grado di competere con Paesi produttori storicamente consolidati (come la Francia ad esempio). Lo testimonia il fatto che sui cosiddetti ‘nuovi mercati’ il nostro Paese comincia a posizionarsi in cima alle classifiche dei volumi e testimonia un margine sicuramente migliorabile sul piano delle classifiche a valore.
Per quanto riguarda le previsioni di tendenza sul mercato mondiale, mirati studi di settore ipotizzano per l’Italia un incremento di vendite nei mercati extra europei già consolidati (come gli Stati Uniti) e nei cosiddetti ‘Brics’ (Brasile, Russia, India, Cina, Singapore): gli ultimi anni sono già stati scenario di un aumento della vendita di vino in bottiglia ma il futuro appartiene alla categoria Spumante, che si prevede toccherà quota 8% del mercato internazionale. Anche le previsioni che riguardano il vino rosso, già molto richiesto nei pur diversi mercati orientali, sono positive: si ritiene che i rossi conserveranno in futuro l’attuale vantaggio sui bianchi, affiancati da vini rosati in consistente aumento. Altri incrementi riguarderanno il comparto dei già citati ‘vini di qualità’: si tratterà di sviluppi significativi ma non sufficienti a scalzare la Francia, nell’immediato futuro, dal podio di esportatrice di vini di alta gamma; tuttavia l’Italia, grazie alle sue innumerevoli varietà di vitigni potrà essere il primo esportatore nei volumi.
Il vino italiano e la cucina polacca:
- Bigos e pierogi. Cosa consiglia il sommelier?
Per quanto riguarda il vino italiano in Polonia, si può certamente dire che l’interesse ed il consumo è in grandissima ascesa e man mano che la richiesta aumenta, aumentano le importazioni anche di etichette nuove per il mercato polacco con un conseguente abbassamento dei prezzi. Nelle grandi città come Varsavia, Cracovia, Wroclaw o Poznan, dove quasi ogni mese viene inaugurato un nuovo wine-bar. Il vino comincia pian piano a diventare parte dello stile di vita delle nuove generazioni, non più una snobberia.
Essendo i vini italiani molto versatili, si abbinano bene alla cucina polacca che notoriamente è abbastanza pesante. Vediamo quali vini potremmo abbinare ai piatti polacchi più tipici. Con I bigos penso che il vino da abbinare sia un rosso di buona corporatura, come un Valpolicella Superiore o un Rosso di Montalcino ma anche un buon Primitivo di Manduria o un Cirò di buona qualità, lo stesso abbinamento lo possiamo adottare per tutti i piatti a base d’oca, molto usati in Polonia. Per quanto riguarda I pierogi, ovviamente dipende dal loro ripieno, quelli più famosi con ripieno di cavolo e funghi vogliono un vino bianco fermo e intenso, un Rieslingalto atesino per rimanere in Italia o un Müller Thurgau, ma anche un buon bianco campano, come una Falanghina o un Greco di Tufo. Con l’anatra arrostosicuramente un Valpolicella Ripassofarebbe la sua bella figura come la farebbe un Rosso intenso dell’Etna che con la sua mineralità contrasterebbe perfettamente con la grassezza dell’anatra.
A questo punto finisce la nostra avventura con il vino. Spero che l’intervista vi sia sembrata interessante e che vi abbia ispirato a conoscere meglio questo patrimonio italiano. Tra breve vi proporremo un giro nelle cantine italiane. Nel frattempo vi invito su Facebook e su Instagram dove troverete più curiosità, più fotografie e semplicemente più Italia.
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L’intervista con Emilio:
Parte 1° – Come si diventa un sommelier – CLIK
Parte 3° – Il dizionario del vino e vini italiani nel mondo – CLIK